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Bimbimbici e Sciame di Biciclette Domenica 6 Maggio

DOMENICA 6 MAGGIO, APPUNTAMENTO SULLE DUE RUOTE NEL CENTRO STORICO E AL PARCO URBANO CON “BIMBIMBICI” E “SCIAME DI BICICLETTE”

Le iniziative in occasione della domenica ecologica con il centro storico chiuso al traffico dalle ore 10 alle 18

Domenica 6 maggio, a partire dalle ore 10, il centro storico di Forlì ospiterà una doppia iniziativa dedicata alla bicicletta, ai giovani, all’educazione ambientale e stradale. Si tratta della pedalata “Bimbimbici”, riservata ai bambini dai 6 agli 11 anni e lanciata dal Ministero dell’Ambiente in collaborazione con la Federazione Italiana Amici della Bici, e della manifestazione “Sciame di biciclette”, promossa dalla Regione Emilia Romagna e dal Comune di Forlì all’interno delle azioni di comunicazione e sensibilizzazione previste per la campagna “Liberiamo l’aria”. L’iniziativa, che si avvale del patrocinio del Ministero della Pubblica Istruzione e dell’Ufficio scolastico provinciale, è realizzata in collaborazione con le associazioni ciclistiche che fanno riferimento ad AVIS, SCAT, UISP e Pantani Corse, nonché di numerose associazioni di volontariato, educative, ambientali e sportive. La “biciclettata” partirà da Piazza Saffi e, dopo un percorso lungo le vie del centro, raggiungerà il Parco Urbano. Qui saranno presenti le Guide dell’Accademia Italiana di Mountain Bike (Scuola di Formazione Nazionale AICS) che, seguendo un itinerario ciclabile che toccherà le zone di San Varano, Villa Rovere, Ladino e Terra del Sole, accompagneranno lo sciame fino all’interno del Parco Fluviale di Castrocaro, per fare ritorno, dopo un paio d’ore circa, al Parco Urbano. Al Parco urbano saranno allestiti punti di ristoro e di intrattenimento, oltre a stand informativi delle associazioni sportive e di volontariato. I più piccoli potranno provare a destreggiarsi nella gimkana allestita dagli istruttori dell’Accademia Italiana di Mountain Bike. In Piazza Saffi, al momento della partenza, saranno distribuite le pettorine e materiale informativo. Per partecipare non è necessaria alcuna particolare attrezzatura o abilità perché i percorsi sono alla portata di tutti. Entrambe le manifestazioni prevedono una escursione in gruppo per le vie del centro storico e vengono organizzate in occasione della seconda “Domenica ecologica” dell’anno con chiusura al traffico del centro storico dalle ore 10 alle 18. In caso di pioggia nella giornata di sabato 5 maggio, gli appuntamenti al Parco Urbano e il percorso fluviale verranno rinviati, così come sarà rinviata l’intera manifestazione in caso di maltempo nella giornata di domenica. Per informazioni: 0543.712445.

Biomasse e Filiera Corta

Biomasse. Questa parola sembra essere il cavallo di battaglia di chi pensa di risollevare l’agricoltura dalla sua crisi strutturale. Così, da un giorno all’altro, vengono presentati tre progetti di nuovi inceneritori di biomasse, tutti nella stessa area, troppo vicini alle abitazioni ed alle altre fonti di inquinamento. Uno di questi tre progetti è già stato presentato nel 2004 a Finale Emilia (MO), dove è stato respinto, ed ora viene riproposto da noi in quella che, secondo alcune menti “illuminate”, dovrebbe diventare il primo polo per le biomasse d’Italia. Basta il buon senso per capire che questa non è la soluzione al problema della nostra agricoltura, ma una proposta temporanea che rischia di compromettere in maniera definitiva il grosso patrimonio che abbiamo accumulato con il tempo: l’esperienza e la capacità dei nostri agricoltori.

Le biomasse sono una fonte energetica da non scartare a priori, ma qualsiasi persona ragionevole capirebbe che non ha senso, in vista del prossimo continuo aumento del costo del petrolio, importare il cibo da paesi lontani e sfruttare i nostri campi solo per bruciarne il raccolto.

Questo è un problema tremendamente serio, che andrebbe affrontato con i dovuti approfondimenti: nel terzo millennio non possiamo affidare la nostra alimentazione alle incognite legate all’assenza di controlli e di diritti dei lavoratori dei paesi dai quali stiamo importando cibo e patologie, e non lo sarebbe nemmeno se ignorassimo i più banali criteri di precauzione per tutelare la nostra salute. Anche sul piano economico, basta pensare al continuo aumento del prezzo dei combustibili dovuto alla continua espansione della domanda ed al superamento del picco di produzione, che andranno a pesare sul trasporto delle merci e quindi sui prezzi al consumo.

Invece di investire sulle ristrutturazioni necessarie a consumare meno energia per ottenere gli stessi confort, come ad esempio avviene in Germania, cerchiamo affannosamente di costruire grosse centrali, che hanno l’unico scopo di far guadagnare poche persone a scapito di tutte le altre.
In questo modo saremo sempre costretti a rincorrere le falle ed a tappare i buchi di una gestione dell’energia che fa acqua da tutte le parti.

In questi giorni è stato detto da più parti che l’agricoltura biologica ha retto la crisi meglio delle altre tipologie di produzione. I Verdi propongono e sponsorizzano da anni un sistema agricolo che prediliga la filiera corta e la produzione di qualità allo stesso prezzo di quella attuale, ma con maggiori garanzie per la salute, per i lavoratori, per l’economia.

Questa sarebbe la soluzione adatta alla crisi del settore: meno importazioni dai paesi che non hanno adeguati controlli, prezzi onesti perché dettati solo dai costi di produzione e non da troppi passaggi intermedi, meno sprechi di energia per il trasporto a lunga distanza.

Se utilizzeremo tutti i nostri campi per produrre materiale da bruciare rischieremo da un lato di mettere la nostra economia locale al giogo degli incentivi incerti e temporanei, la cui sospensione causerà il fallimento immediato di queste produzioni, dall’altro perderemmo tutte quelle capacità che i nostri agricoltori hanno accumulato negli anni.

Per fare questo servono politiche coerenti a tutti i livelli istituzionali, che guardino al medio-lungo periodo con intelligenza: non possiamo più rimandare le soluzioni serie, semplici ed efficaci, altrimenti ci troveremo in una crisi ben più grave di quella attuale. Spostiamo gli investimenti sperperati sulle grandi opere più inutili in aiuti concreti al rilancio della nostra economia, ed otterremo risultati migliori di quelli che ci hanno accompagnato negli ultimi anni.

Il fiore del cactus chiude

Ho deciso di chiudere il primo blog che ho aperto, “Il fiore del cactus”. I 745 articoli pubblicati a partire dal Giugno del 2003 rimarranno a disposizione sempre su questo spazio, e forse verranno importati nel mio blog aggregatore che risiede all’indirizzo www.alessandroronchi.net.

Alcuni degli articoli che avrei pubblicato qui d’ora in poi verranno inseriti direttamente su www.alessandroronchi.net, dove d’ora in avanti cercherò di concentrare i miei sforzi nel campo dell’informazione online.
Cercherò, col tempo, di creare un unico spazio dove inserire tutto quello che scrivo, compresi gli articoli di “Un’altra Forlì“, il mio blog incentrato sul mio lavoro di consigliere comunale, quelli più tecnici, pubblicati un po’ sul wiki ed un po’ sul mio kblog.

Questo processo è necessario per diverse ragioni. Il mio primo obiettivo è quello di semplificare la lettura dei visitatori che mi seguono con costanza: 4 blog creano solo troppa confusione. Il secondo è quello di diminuire il tempo necessario alla gestione di questi strumenti e di concentrare il tempo a mia disposizione sulle cose più importanti.
Rimarrà escluso il blog buonanorma, che rimarrà uno spazio dove pubblicare piccoli consigli su pratiche semplici per risparmiare denaro e risorse naturali e fare tramite le nostre azioni quotidiane anche qualcosa per l’ambiente ed il sociale.

Per qualsiasi informazione, contattatemi in privato.

Peak oil – ovvero la verità dietro le guerre

Come tutti certamente saprete in questi giorni il costo del petrolio è salito sopra i 70 dollari al barile. La spiegazione, si dice nei comunicati stampa, è semplice: la crisi con l’Iran causa tensioni che aumentano i costi di questa materia prima.

Ma è veramente così? I costi del petrolio, sempre in aumento da diversi anni, sono sempre causati da tensioni internazionali? Oppure i conflitti e gli inasprimenti dei rapporti tra gli stati produttori ed i maggiori consumatori sono causati dagli aumenti strutturali del costo del petrolio?

In questo articolo voglio introdurre uno studio, ormai diventato storico, ed una proposta concreta per risparmiare energia, denaro e risorse ambientali.

Nel 1957 un geologo americano, M. K. Hubbert, elaborò un modello matematico per studiare la produzione USA del petrolio. Questo modello prevedeva nel 1970 il momento nel quale la produzione del petrolio americana avrebbe avuto il picco, per poi scendere in quantità e qualità dell’estrazione e salire in termini di costi.

Nessuno gli credette, fino al 1971, anno in cui i petrolieri texani scoprirono che l’estrazione era si faceva sempre più difficile, fino a fermarsi a causa dell’aumento repentino dei costi che non la rendeva economicamente equivalente. Nella seconda immagine vediamo le tre ipotesi sulle quantità di petrolio prodotte in funzione del tempo. Se la produzione crescesse al ritmo degli ultimi anni, avremmo l’ipotesi A, con un crollo vertiginoso dovuto alla fine delle scorte.

Se la produzione rimanesse costante nel tempo, senza aumenti, avremmo l’ipotesi B, altrettanto drammatica per le conseguenze che la linea verticale avrebbe sull’economia mondiale. Hubbert ipotizzò invece un andamento descritto dalla linea C, dove una volta superato un certo limite la produzione sarebbe diminuita gradualmente, a causa dell’aumentare dei costi e della difficoltà di reperimento del greggio.

Il Peak oil è quel limite, il momento del grafico della produzione annuale del petrolio nella quale l’estrazione è al suo massimo livello. La crescita continua della domanda richiede un aumento della produzione, che non può essere continua a causa dell’esauribilità della fonte. Dopo il picco si produrrà sempre meno petrolio ed i costi aumentano a causa della domanda che non scende dello stesso tasso della produzione.
Il fatto che la decrescita della produzione sia graduale e dolce nel grafico non deve però trarre in inganno: gli effetti sull’economia e sui nostri stili di vita saranno sicuramente importanti e netti, a meno che non ci si prepari adeguatamente per limitare la nostra dipendenza da questa fonte energetica non rinnovabile.

Cosa ci aspetterà dopo il picco? Le conseguenze sono abbastanza prevedibili: un innalzamento dei prezzi delle merci e del trasporto, instabilità politica, recessione economica, guerre per le risorse. Di fatto nulla di particolarmente diverso rispetto alla situazione degli ultimi anni, ma sicuramente ci sarà un peggioramento di tutti questi problemi.

Un geologo irlandese, Colin Campbell, ha fondato un’Associazione per lo studio del Picco Petrolifero (Aspo), che tiene sotto controllo la
il grafico di Hubbert a livello globale e studia numerose alternative energetiche per prevenire la crisi successiva al raggiungimento del picco.

Anche in Italia ne esiste una sezione, di cui sono socio, che vanta numerosi e prestigiosi esperti. Il presidente è Ugo Bardi, docente universitario del dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze, ed il comitato scientifico è formato da professori, ricercatori, esperti indipendenti ed autori di testi autorevoli sulle energie rinnovabili.

Secondo questi esperti il picco di produzione del petrolio “pulito” (area puntata della terza immagine) sarà nel 2007, mentre gli altri tipi più difficili da raffinare sposteranno il picco poco più avanti, ma con conseguenze pesanti sull’impatto ambientale.

I metodi per uscire da questa crisi imminente ci sono, ma bisogna investire subito (o meglio da ieri, come hanno fatto altri stati con Governi più lungimiranti) su alternative credibili, efficienti ed economiche.

Il presidente di ASPO ha pubblicato tra gli altri una serie di articoli sulla mobilità elettrica, facendo particolare attenzione agli scooter elettrici. Quasi inesistenti come numero di veicoli immatricolati questi scooter hanno una autonomia di 40-50 km (Il lepton della Oxygen, l’EVT 4000e o l’EVT 168) a 45-50 km/h, fanno 100km con meno di un euro di elettricità, hanno emissioni zero e si ricaricano mentre frenano o vanno in discesa. Niente di futuribile, a Firenze ne esistono già circa 3000 totalmente funzionanti, grazie anche alla diffusione delle colonnine di ricarica ed agli incentivi per l’acquisto.
Questi scooter si ripagano dopo un paio di anni, costano dai 1200€ ai 3000€ a seconda dei modelli e fatto un cambio di batterie anche i modelli usati sono come nuovi (perché hanno meno parti consumabili messe sotto sforzo). Il costo maggiore, quindi, diventa quello della sostituzione delle batterie, da fare ogni 3 anni circa con i modelli attuali al Piombo. Anche includendo questo, siamo ad 1/10 circa delle spese di viaggio di una utilitaria a benzina.

Se facciamo un paragone con la mobilità a petrolio possiamo pensare ad uno scooter elettrico come un mezzo che fa 90 chilometri con un litro, grazie ad una migliore efficienza del mezzo.
Ma questo non è il solo ed unico vantaggio che hanno, e non è solo per questo che ASPO cerca di diffonderne l’utilizzo assieme all’uso delle rinnovabili. Le fonti di energia rinnovabile soffrono di un problema abbastanza pesante: sono discontinue. Alternano tempi di abbondanza e di scarsità nell’arco di una stessa giornata e variano in quantità considerevoli nell’arco dei mesi dell’anno.
E’ chiaro, quindi, che da un lato si debba cercare di produrre da fonti diverse, che si completino a vicenda (vento e sole, acqua e geotermia, etc.), e dall’altro cercare mezzi che permettano di immagazzinarne in grande quantità. L’idrogeno è un esempio: la produzione di idrogeno attraverso energie rinnovabili ha senso, ma l’energia sprecata per questo ulteriore passaggio intermedio è tanta e quasi certamente non potremo permettercela a meno di non ricorrere al nucleare.
I mezzi elettrici hanno quindi un doppio vantaggio: l’investimento ed il mercato di questi va a diretto beneficio della ricerca sulle batterie e sull’efficienza dell’immagazzinamento, permettendo allo stesso tempo un immediato ritorno economico.

Con uno scooter elettrico, quindi, si risparmia e si finanzia un mercato che è ancora troppo poco sviluppato a fronte di una grande potenzialità.

Per ultima è necessario fare una considerazione sul nucleare: anche l’Uranio è alla soglia del picco di produzione. Anche senza pensare a Chernobyl bisogna tener presente che i costi dell’energia nucleare d’ora in avanti aumenteranno. Nessuna azienda privata si sognerebbe mai di pensare al nucleare, a meno che non possa escludere dai bilanci i costi ambientali, lo smaltimento delle scorie, le spese militari per difendere un obiettivo sensibile e pericolosissimo.

Il problema del Peak Oil è importante e solo in questi ultimi mesi se ne sente parlare nei quotidiani ed in alcune trasmissioni lungimiranti, come quella di Fazio. Dopo cinquant’anni di studi teorici che ci avrebbero permesso di prepararci per tempo, ora siamo agli sgoccioli ed i governi continuano a far finta di nulla. Ma anche per questo c’è una risposta degli studiosi: Misperception of Dynamics, di cui parleremo probabilmente in una prossima puntata.

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