nato

Diritto (di Repressione) d’Autore.

L’informatica e le persone che indirettamente ne fanno uso ricorderanno a lungo la data del 18 Maggio 2004. In Italia ed in Europa questa data potrebbe significare un enorme cambiamento dell’insieme delle norme che regolano il diritto d’autore ed il modo di lavorare nel campo dei calcolatori elettronici.
Nello stesso giorno, coincidenza forse non totalmente casuale, è stato convertito in legge il Decreto Urbani ed è stata approvata una direttiva che introduce i brevetti sul software anche in Europa. Proprio su queste pagine sono state discusse le motivazioni che rendono entrambi i provvedimenti inutili dal punto di vista della riduzione degli illeciti, iniqui nell’applicazione delle sanzioni, semplicemente anacronistici ed insensati se guardati nell’ottica di ridiscutere la proprietà intellettuale tenendo conto dei nuovi mezzi di trasmissione delle informazioni.
Partiamo dalla legge Urbani, che con un colpo di mano dell’ultimo momento introduce sanzioni che arrivano a 4 anni di reclusione.
Queste pene esagerate possono essere la “giusta” sanzione per chi trae profitto dallo scambio illecito di materiale coperto da diritto d’autore, come cd musicali oppure video. Tutti coloro che stanno protestando contro questa legge, e sono tanti, sono assolutamente convinti della necessità di riconoscere agli autori il giusto valore, economico e morale. Quella che viene altrettanto fermamente contestata è invece l’iniquità della pena. Una gran parte dei problemi derivanti direttamente da questa legge è inclusa nella definizione giuridica di “trarre profitto”, apparentemente molto simile al “fine di lucro”. Il profitto è un qualsiasi vantaggio o beneficio intellettuale, ed include per esempio anche l’ascolto di un’opera. Il lucro, viceversa, è un guadagno di natura esclusivamente economica. Quando la legge è stata scritta per la prima volta, includeva solamente il fine di lucro. Per fare un esempio, chi masterizzava cd per la vendita rischiava la galera, ma chi li usava per scopi personali non correva questo rischio (ma solo sanzioni amministrative già previste dalla legge). Con questa piccola modifica, ottenuta semplicemente sostituendo nell’Articolo 1 le parole “a fine di lucro” con “a scopo di trarne profitto”, si cambia totalmente registro. Chiunque abbia una sola canzone non originale, secondo la legge ora rischia 4 anni di galera. Per fare un paragone, chi ruba miliardi evadendo il fisco con il falso in bilancio rischia solamente una multa e nessuna sanzione penale, mentre chi maltratta un bambino o un componente della propria famiglia, chi compie violenza privata e chi scambia una sola canzone su internet senza scopo di lucro (al limite anche senza ascoltarla nemmeno una volta), viene punito alla stessa maniera, con 4 anni di carcere. Semplicemente insensato, come il fatto che a discutere di questa legge, tra le altre personalità di “elevato spessore”che decidono del nostro futuro senza capirlo, ci fosse Gabriella Carlucci.
Come se non bastasse questa brutta notizia, dall’Unione Europea nello stesso giorno giunge notizia dell’introduzione dei brevetti software, che il parlamento europeo aveva già bocciato in una precedente seduta. I rappresentanti italiani in commissione avevano dichiarato di essere contrari, per una lunghissima lista di motivi, ma alla fine si sono astenuti.
Come dire, non è nostra la colpa, non possiamo fare nulla, e di nascosto fare l’occhiolino alle multinazionali americane. Le stesse grosse aziende statunitensi che hanno pagato fior di quattrini per sponsorizzare l’attuale presidenza irlandese (http://www.eu2004.ie/sitetools/sponsorship.asp) che guarda caso si è applicata con straordinario impegno in questa direttiva europea.
In conclusione, vorrei soffermarmi su quella che sembra essere la linea generale dei nostri governi moderni, quelli che amiamo chiamare “democratici”. I cittadini vengono sempre di più sovraccaricati del peso del mantenimento della società e dei lussi di pochi imprenditori, che ottengono questi benefici impedendo loro il libero pensiero, obbligandoli a consumare materiale che a loro non serve, ingozzandoli come maiali da ingrasso di finta cultura non voluta, usa e getta e a buon mercato.
Musica, letteratura, cinematografia che da arte diventa prodotto, e da prodotto diventa un oggetto che non ti è permesso rifiutare. Se qualcuno ha qualcosa in contrario, si paga la stesura di una legge (pare che ora sia a buon mercato) che impedisca ogni tentativo di uscire da questa morsa.
Una battaglia è stata persa, ma la guerra è ancora in atto, grazie anche a politici che si stanno mobilitando contro queste insensatezze, con il senatore Cortiana e l’europarlamentare Cappato in testa.
Da parte nostra, dovremmo iniziare a dire di no partendo dalle piccole cose. I nostri 22 euro, invece che spenderli per il cd di Tiziano Ferro, che si ascolta forse una volta e si butta nel dimenticatoio, dovremmo pagarli al piccolo gruppo che suona su un palco, che mette veramente sudore, passione ed intenso lavoro. Che rischia di andare in galera se non paga il suo tributo alla SIAE per ottenere diritti che non arriveranno mai, e che rimane l’unico vero motivo per il quale possiamo ancora considerare la musica un’arte che possa servire all’umanità.
Una, dieci, cento leggi di questo tipo non aumenteranno il nostro consumo di cd musicali, al contrario rischiano di produrre un rigetto simile a quello provato per la carne dai vegetariani.

Di chi sono le idee?

Nei mesi scorsi si è molto discusso sui problemi di proprietà intellettuale, di come essa vada tutelata dalle leggi, di come realizzare un giusto equilibrio che permetta ai cittadini di rispettarle e trarne giovamento. La comunità europea si è quindi messa al lavoro sulla regolamentazione dei brevetti, con particolare attenzione a quelli riguardanti il software, una delle poche parti non brevettabili secondo le leggi vigenti. Il motivo di questo improvviso interesse si può ricercare nella continua pressione di grosse multinazionali americane, che vogliono creare una uniformità di trattamento tra l’Europa e gli Stati Uniti. Negli States, infatti, è possibile brevettare il software, mentre in Europa è stato espressamente vietato dalla convenzione di Monaco del ’73, e c’è stata una forte attività di lobbying per cercare di espandere questa possibilità anche nel vecchio continente.

Questa decisione porta considerazioni economiche, culturali, politiche ed etiche, ed una trattazione seria di tutto l’argomento richiederebbe una letteratura molto più vasta di un solo articolo, per questo motivo mi limiterò a dare un mio giudizio sulle questioni etiche che stanno alla base del problema dei brevetti sul software, perché lo ritengo particolarmente interessante.

Il software altro non è che l’applicazione pratica di algoritmi e metodi matematici. Partire da un’idea diversa è sbagliato, e potrebbe trarci in inganno. Tutto quello che vediamo, dai programmi di videoscrittura ai programmi per la navigazione, sono dirette o indirette applicazioni di algoritmi matematici e paradigmi di statistica e matematica discreta. A volte lo sono indirettamente, quando il programmatore non ha realizzato l’opera utilizzando formule ed espressioni matematiche, ma in questo caso il suo lavoro poggia su quello di altri, che hanno creato le basi per facilitare il suo compito. Tutto questo è necessario per capire il motivo per il quale non è possibile brevettare il software, ma solamente proteggerlo con il copyright.

I brevetti servono per proteggere le innovazioni tecniche, dove per innovazione viene inteso un miglioramento dello stato dell’arte di un settore finalizzato alla produzione. Se invento un modo per produrre energia dall’acqua, posso proteggerla tramite un brevetto. I brevetti sul software, così come sono intesi in America, sono invece brevetti sulle idee. Un esempio può essere l’idea di barra di scorrimento, quella che utilizziamo per vedere le pagine successive di un documento, oppure l’idea di utilizzare un pulsante che richiami una funzione. Dietro questo tipo di idee non c’è una innovazione che porti alla produzione, soprattutto quando quello che si vorrebbe brevettare riguarda unicamente l’interfaccia con la quale gestiamo alcune delle caratteristiche dei computer.

Molte associazioni, tra le quali anche il Forlì Linux User Group, hanno protestato con tutti i mezzi a loro disposizione contro l’introduzione dei brevetti sul software, non con l’obiettivo di liberalizzare la copia dei programmi, già protetta ad hoc dal Copyright, ma con la viva preoccupazione che si potessero brevettare anche nel nostro paese le idee alla base dell’utilizzo dell’informatica.

Sembrerebbe folle il solo pensiero di brevettare l’idea di un volante per automobili, cosa che impedirebbe ai cittadini di cambiare automobile nel corso degli anni, ma gli analoghi riferimenti nel campo dell’informatica, forse perché ancora lontani dalla cultura popolare, non destano altrettanta preoccupazione.

E’ difficile esprimere un giudizio su chi sia il proprietario di un’idea, e se questa “proprietà” vada tutelata per incentivare l’innovazione. In America i brevetti sul software non hanno funzionato, incentivando direttamente la nascita di monopoli settoriali, a causa delle enormi spese giuridiche alle quali sono continuamente sottoposte le ditte produttrici di software (con una media di 500’000 dollari a causa, per essere precisi).

Le idee sono il frutto di un’opera collettiva, nascono e si riproducono grazie allo scambio di informazioni e all’interazione di idee diverse, che ne procreano altre che saranno alla base delle prossime. Il teorema di Pitagora non è mai stato brevettato, ma non si può dire che la diffusione di questa idea non abbia portato innovazione. Per questo l’impossibilità del libero scambio delle idee non funziona come incentivo alla loro produzione, e quasi sempre accade l’esatto contrario, che queste derivino direttamente dalla possibilità di comunicazione.

Questo è chiaro anche ai legislatori americani, che ora stanno rivalutando il problema, ma che in passato probabilmente hanno pensato più agli interessi di pochi grandi, piuttosto che al bene dei cittadini che dovevano amministrare. In Europa continuiamo a resistere alla tentazione delle grandi multinazionali, impedendo la regolarizzazione dei brevetti software, speriamo che in futuro i cittadini prendano più coscienza e si rendano conto del rischio che corrono quando ignorano questi problemi.

Il rischio di perdere la proprietà e la paternità delle proprie idee.

E’ uscito wordpress 1.2.1

WordPress, il software open source che gestisce anche questo blog, è stato aggiornato ed è disponibile una nuova versione (1.2.1). Per conoscere i dettagli di questo aggiornamento, potete andare sul WordPress Development Blog.

Colgo l’occasione per chiedervi se anche voi avete notato, negli ultimi due o tre giorni, un aumento dei messaggi di spam. Per fortuna che wordpress filtra da solo i commenti che contengono parole chiave come viagra o come casinò, altrimenti dovrei chiudere la possibilità di aprire nuove discussioni…

Auto Daewoo a doppia alimentazione

Ogni tanto parlo di auto economiche, che permettano di risparmiare sul carburante, inquinare meno ed utilizzare meno petrolio possibile. Uno dei temi più ricercati da chi arriva in queste pagine è proprio quello delle auto che consumano meno, argomento reso ancora più importante dagli ennesimi rialzi del petrolio, che si faranno sentire pesantemente sulle nostre tasche.

Io credo che, al di là di tutto, questi rincari portino anche una maggiore consapevolezza della fragilità della fonte energetica che utilizziamo maggiormente, che spero venga accompagnata anche da una adeguata politica (anche familiare, non necessariamente di larga scala) che preveda uno studio più accurato delle spese che dobbiamo sostenere, a partire dalle nostre auto per poi arrivare nelle bollette casalinghe.

Detto questo, volevo segnalarvi che la Daewoo ha recentemente deciso di fornire la possibilità di acquistare alcune proprie auto (Kalos, Lacetti, Nubira, Tacuma ed Evanda) anche nella versione a doppia alimentazione benzina – GPL.
Questo permette, con una spesa abbastanza contenuta, di appropriarsi della Kalos bipower a meno di 11’000 € (il costo di base di una Punto a benzina), che usufruisce dell’incentivo statale per le auto alimentate con carburanti ecologici, che inquina poco e che ci fa risparmiare fino al 50% dei costi di carburante.

Daewoo Kalos, un'auto davvero economica e dai bassi consumiLo spazio occupato dalle bombole sostituirà il ruotino di scorta, che a sua volta sarà accantonato in favore di un kit per la riparazione delle gomme (finalmente: le ruote di oggi non hanno necessità del ricambio, basta una bombola apposita per le riparazioni d’urgenza). Così il bagagliaio non risente di questa aggiunta, mantenendo il volume standard dell’auto e fornendo un’ulteriore motivazione per l’acquisto.

Purtroppo il GPL è un residuo della fabbricazione della benzina, derivato sempre dal petrolio, quindi il suo utilizzo ci vincola in ogni caso al prezzo del greggio, anche se in misura minore.

Per chi invece preferisce il metano, che porta vantaggi ancora più evidenti sul risparmio economico e sull’impatto ecologico, voglio segnalare l’uscita della Punto Natural Power che si affianca alla già supervenduta Multipla bipower (ora aggiornata anch’essa con il nome Natural Power) , vettura che nasce già con un buon impianto e quindi non risente dei difetti dell’installazione posteriore all’acquisto.

CNIPA: Convegno “Open source e brevettabilita’ del software”

Il Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione ha organizzato un convegno sull’Open Source e la brevettabilità del software.

08 ottobre 2004

Luogo evento: presso la Banca d’Italia – “Centro Donato Menichella” in Largo Guido Carli, 1- Frascati (RM)

Il software open source è un modello di sviluppo, diffusione e cooperazione nel campo dell’Information Tecnology. Basato sull’adozione di programmi a codice sorgente aperto, ovvero applicazioni informatiche il cui sorgente può essere liberamente studiato, copiato, modificato e ridistribuito, il modello open source ne facilita il riuso.
L’interesse rispetto al modello open source sta rapidamente crescendo, non solo perché ad esso si associa la disponibilità di prodotti software con prestazioni simili a quelle ottenibili con prodotti di mercato, ma anche consente di fatto una standardizzazione dei sistemi informatici. È in effetti un prodotto dalle caratteristiche del web, di internet, ove il concetto di libertà del navigatore è la base sulla quale poggia il successo universale della Rete.
In considerazione di tale realtà la recente direttiva del Ministro per l’innovazione e le tecnologie emanata in materia include i programmi a codice aperto tra le soluzioni a disposizione delle Pubbliche Amministrazioni e favorisce il riuso dei programmi informatici.

Scopo del convegno di studio è quello di:

* illustrare con obiettività la situazione attuale, facendo il punto sul fenomeno open source e le reali criticità;
* presentare concrete esperienze ed autorevoli opinioni;
* definire un modus operandi, comune alle PA, per l’analisi comparativa delle soluzioni.

Torna su