tutela

Tutelare la salute con provvedimenti rigorosi è necessario

Tornare indietro sul piano del traffico, incentivando l’ingresso delle auto, sarebbe un attentato alla salute. La stima degli anni scorsi di 30 morti l’anno causata dalle polveri sottili quest’anno sarà da rivedere al rialzo, purtroppo, visti i dati della provincia dal 1° Gennaio 2007.
Nonostante il limite di legge che impone al massimo 35 superamenti delle soglie in un anno, oggi a Forlì siamo già a 51.

Non si può pensare, evidentemente, che una volta superato il numero concesso dalla legge non sia più necessario intervenire: ogni peggioramento comporta un aumento delle conseguenze per la salute.

Così, mentre l’assessorato all’ambiente della Provincia del partito democratico Luciana Garbuglia propone di estendere a tutti i comuni a più alto rischio ambientale per le polveri sottili i provvedimenti già in vigore a Forlì e a Cesena, compresi i blocchi del traffico e gli altri provvedimenti di limitazione della circolazione privata, a Forlì si continua a proporre di
regalare la sosta e stendere tappeti rossi per chi sfrutta il mezzo più inquinante di tutti.

L’organizzazione mondiale della sanità dice che ogni aumento di 10 micro grammi al metro cubo di pm10 provoca un aumento della mortalità del 10%, del 29% di bronchiti, ed una diminuzione della funzione polmonare soprattutto nei bambini.

Le legittime preoccupazioni dei commercianti possono trovare risposte anche attraverso
forme alternative e più sostenibili di mobilità, eventi che richiamino gente e non necessariamente automobili, fondi per il miglioramento dell’arredo urbano ed incentivi per gli investimenti nelle attività private.

La salute, invece, non può essere tutelata se non con provvedimenti rigorosi e di prevenzione primaria agendo sulle cause dei rischi.

Piano del traffico da rilanciare per la tutela della salute

Pubblico il comunicato stampa della Federazione dei Verdi sul rilancio del piano del traffico.

Piano del traffico da rilanciare per la tutela della salute
Autobus gratis a Dicembre.

Studi autorevoli – come quello certamente realizzato dalle associazioni di categoria per sondare il gradimento dei cittadini sul piano del traffico – dimostrano che ovunque si chiedano pareri ai cittadini su questi temi, si verifica che le persone “sondate” si dichiarano favorevoli all’80% circa (meno traffico, meno auto, più bus-bici-pedoni, ecc..) prima dell’attuazione dei provvedimenti; quando questi si realizzano la percentuale dei soddisfatti crolla più o meno al 20% per poi risalire, dopo alcuni mesi, nel favore della stragrande maggioranza degli intervistati.

Questa “curiosa” curva di gradimento – consolidata e confermata da analisi puntuali e anticipata dai Verdi nel corso di un incontro pubblico già nel luglio scorso – pare si stia riproducendo anche nella nostra città a tutta dimostrazione che Forlì è esattamente come le altre città e i forlivesi assolutamente attenti ai cambiamenti.

Al contrario, invece, di quello che affermano Sansavini ed Errani il piano del traffico sta pienamente centrando i suoi obiettivi, primo fra tutti la riduzione del traffico veicolare privato, precondizione per la prevenzione primaria a tutela della salute dei cittadini.

Era dagli anni settanta che non veniva fatta una proposta così anacronistica quale quella di richiamare in centro il traffico veicolare privato in una situazione di grande emergenza sanitaria, come dimostrato dalla stima dei dipartimenti di sanità pubblica delle aziende USL di circa trenta morti l’anno nella nostra città causati solo da PM10.

Loro dimenticano, probabilmente, che siamo costretti a prendere provvedimenti di limitazioni del traffico per il continuo sforamento dei limiti di legge per le polveri sottili. Se dovessimo dare attuazione a queste paradossali proposte ci troveremmo con lo schizofrenico risultato di incentivare il traffico veicolare privato il sabato e gli altri giorni nel tardo pomeriggio e bloccarlo completamente il giovedì.

Una sola cosa è condivisibile tra le proposte dei due capigruppo del Partito Democratico: occorre mettere in campo tutte le azioni necessarie per dare piena attuazione al piano del traffico votato dal Consiglio Comunale.

Se fossero coerenti col programma di governo della città, si batterebbero per proseguire su questa strada, attivare ulteriori strumenti e fare passi in avanti, sostenendo gli investimenti sul trasporto pubblico, sui quali il Sindaco ha sottoscritto impegni importanti attraverso l’accordo sindacale di pochi giorni fa.

Che questa sia la strada giusta è dimostrato anche dal notevole incremento di circa il 30% degli utenti dei mezzi pubblici.

Accettino quindi la proposta degli autobus gratis da noi già condivisa con altre forze della sinistra.

Federazione dei Verdi di Forlì-Cesena

Convegno sul codice del consumo ed i diritti dei consumatori

Il Comune di Forlì – Assessorato ai diritti dei consumatori ha organizzato un convegno sul tema
IL CODICE DEL CONSUMO E I DIRITTI DEI CONSUMATORI per GIOVEDI’ 18 ottobre 2007 alle Ore 15 Sala Randi – Comune di Forlì. Nell’occasione si potrà firmare contro gli OGM.

Segue il programma.

Programma

Inizio lavori ore 15.00
Saluto del Sindaco di Forlì – On. Nadia Masini
Presentazione lavori – Ass.re Sandra Morelli
Dott.ssa ANNA BARTOLINI

I dieci diritti dei consumatori ed evoluzione recente.
Libro verde della Commissione per la modifica della normativa a tutela dei consumatori.
Modifica del Codice del Consumo
Effetti sul consumatore e sul mondo produttivo
I centri europei dei consumatori

Dibattito ore 16.30

E’ previsto un intervento di

GIANFRANCO MONTALETTI
Coordinatore per la Provincia di Forlì-Cesena del Comitato “Italia Europa liberi da o.g.m.”

Conclusione lavori ore 17.30

Nell’occasione sarà predisposta la raccolta firme contro gli OGM

Biomasse e Filiera Corta

Biomasse. Questa parola sembra essere il cavallo di battaglia di chi pensa di risollevare l’agricoltura dalla sua crisi strutturale. Così, da un giorno all’altro, vengono presentati tre progetti di nuovi inceneritori di biomasse, tutti nella stessa area, troppo vicini alle abitazioni ed alle altre fonti di inquinamento. Uno di questi tre progetti è già stato presentato nel 2004 a Finale Emilia (MO), dove è stato respinto, ed ora viene riproposto da noi in quella che, secondo alcune menti “illuminate”, dovrebbe diventare il primo polo per le biomasse d’Italia. Basta il buon senso per capire che questa non è la soluzione al problema della nostra agricoltura, ma una proposta temporanea che rischia di compromettere in maniera definitiva il grosso patrimonio che abbiamo accumulato con il tempo: l’esperienza e la capacità dei nostri agricoltori.

Le biomasse sono una fonte energetica da non scartare a priori, ma qualsiasi persona ragionevole capirebbe che non ha senso, in vista del prossimo continuo aumento del costo del petrolio, importare il cibo da paesi lontani e sfruttare i nostri campi solo per bruciarne il raccolto.

Questo è un problema tremendamente serio, che andrebbe affrontato con i dovuti approfondimenti: nel terzo millennio non possiamo affidare la nostra alimentazione alle incognite legate all’assenza di controlli e di diritti dei lavoratori dei paesi dai quali stiamo importando cibo e patologie, e non lo sarebbe nemmeno se ignorassimo i più banali criteri di precauzione per tutelare la nostra salute. Anche sul piano economico, basta pensare al continuo aumento del prezzo dei combustibili dovuto alla continua espansione della domanda ed al superamento del picco di produzione, che andranno a pesare sul trasporto delle merci e quindi sui prezzi al consumo.

Invece di investire sulle ristrutturazioni necessarie a consumare meno energia per ottenere gli stessi confort, come ad esempio avviene in Germania, cerchiamo affannosamente di costruire grosse centrali, che hanno l’unico scopo di far guadagnare poche persone a scapito di tutte le altre.
In questo modo saremo sempre costretti a rincorrere le falle ed a tappare i buchi di una gestione dell’energia che fa acqua da tutte le parti.

In questi giorni è stato detto da più parti che l’agricoltura biologica ha retto la crisi meglio delle altre tipologie di produzione. I Verdi propongono e sponsorizzano da anni un sistema agricolo che prediliga la filiera corta e la produzione di qualità allo stesso prezzo di quella attuale, ma con maggiori garanzie per la salute, per i lavoratori, per l’economia.

Questa sarebbe la soluzione adatta alla crisi del settore: meno importazioni dai paesi che non hanno adeguati controlli, prezzi onesti perché dettati solo dai costi di produzione e non da troppi passaggi intermedi, meno sprechi di energia per il trasporto a lunga distanza.

Se utilizzeremo tutti i nostri campi per produrre materiale da bruciare rischieremo da un lato di mettere la nostra economia locale al giogo degli incentivi incerti e temporanei, la cui sospensione causerà il fallimento immediato di queste produzioni, dall’altro perderemmo tutte quelle capacità che i nostri agricoltori hanno accumulato negli anni.

Per fare questo servono politiche coerenti a tutti i livelli istituzionali, che guardino al medio-lungo periodo con intelligenza: non possiamo più rimandare le soluzioni serie, semplici ed efficaci, altrimenti ci troveremo in una crisi ben più grave di quella attuale. Spostiamo gli investimenti sperperati sulle grandi opere più inutili in aiuti concreti al rilancio della nostra economia, ed otterremo risultati migliori di quelli che ci hanno accompagnato negli ultimi anni.

REACH: Un rischio per gli animali

Il 12 ed il 13 Marzo scorso la Lega Anti Vivisezione (LAV) ha aperto la raccolta delle firme per evitare i test sugli animali previsti dalla direttiva europea di prossima emanazione, denominata REACH (da Registration, Evaluation, Authorisation of Chemicals). Questa direttiva punta a definire un nuovo equilibrio normativo sull’industria chimica europea, inserendo obiettivi di tutela della salute pubblica e della qualità dell’ambiente dagli effetti potenzialmente dannosi derivanti dalle sostanze chimiche in commercio. Incluso nel pacchetto delle nuove norme è presente l’obbligo di testare le sostanze chimiche che sono state messe in commercio prima del 1981, data nella quale è stato inserito l’obbligo di verificare i nuovi composti immessi sul mercato. Circa 30’000 di queste sostanze, in commercio da più di vent’annni e mai controllate, verrebbero ora sottoposte a test sugli animali, provocando la tortura e la morte di un numero di animali compreso tra i 12,8 ed i 50 milioni, secondo stime prodotte dall’Unione Europea.
Gli obiettivi del REACH sono estremamente positivi e sicuramente da sostenere, ma allo stesso tempo la LAV chiede con la sua nuova campagna che vengano usati metodi alternativi per sperimentare le sostanze senza uccidere un numero così elevato di animali.
La domanda che tutti si pongono quando vengono affrontate queste tematiche è sempre la stessa: se non sugli animali, su chi? Bisogna quindi fare un minimo di chiarezza, per evitare di affrontare il tema con troppa superficialità.
I test sugli animali non servono a nulla per evitare rischi per la salute umana. Anche il Comitato Scientifico dell’UE ha chiaramente espresso l’inadeguatezza di questo tipo di test, indicando la necessità di utilizzare metodi alternativi.
Superando quindi tutte le motivazioni etiche che spingono le persone più sensibili a chiedere di evitare questa violenza, è la scienza a fare il primo passo ed ammettere che questi test non sono utili. Basta pensare che la percentuale di errore delle indicazioni che forniscono è di circa il 50%, quasi la stessa di una moneta lanciata per un testa o croce. Questo significa, inoltre, che una sostanza indicata come innocua da test basati su una specie animale può non esserlo per gli esseri umani. Basta vedere l’esempio della diossina: letale nell’uomo, assolutamente innocua per le scimmie e quasi tutti gli altri animali, ad eccezione del porcellino d’india. Inoltre i test sugli animali non evitano la sperimentazione sull’uomo, e data l’inadeguatezza dei loro risultati risultano potenzialmente dannosi anche per gli umani: le sostanze dichiarate innocue ed una volta sperimentate sugli uomini dimostratesi nocive sono innumerevoli e spesso tristemente famose.
Esistono diversi metodi alternativi che permettono migliori risultati, con costi molto inferiori: le ricerche epidemiologiche e gli studi statistici, i test sulle culture in vitro di cellule e materiale biologico di scarto dei nostri ospedali sono solo alcuni esempi reali ed attualmente implementabili.
L’insieme dei metodi alternativi non include solo questi esempi, ma raggruppa tutte le procedure che conducono alla sostituzione di un esperimento sull’animale, alla riduzione del numero di animali richiesti, ed all’ottimizzazione delle procedure sperimentali allo scopo di ridurre la sofferenza delle cavie, secondo la definizione di Russel e Burch delle 3R Replace, Reduce, Refine.
Lo sviluppo dei metodi alternativi è quindi prima di tutto un processo scientifico, voluto con forza anche da comitati di medici che dichiarano i test sugli animali inutili alla stessa causa per la quale sono stati creati: valutare la pericolosità delle sostanze prodotte dall’uomo.
Per maggiori informazioni potete contattare la delegazione della LAV di Forlì-Cesena (lav_forli_cesena@yahoo.it), oppure consultare il sito nazionale www.infolav.org.
La raccolta delle firme è ancora aperta, e tutti possiamo dare il nostro piccolo contributo per evitare l’utilizzo di milioni di animali per test inutili e costosi, sostenuti solamente allo scopo di mantenere gli attuali rapporti di forza tra le strutture esistenti nel mondo della ricerca scientifica e farmacologica.

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