libertà

Per Un’altra TV

L’Italia è una democrazia semi-libera. Questo è un dato di fatto, basato sull’analisi di Freedom House of the Press, che ci colloca al 77° posto della classifica e ci attribuisce nella categoria di stati con una informazione parzialmente libera.
In realtà non servirebbe nemmeno la certificazione di un organismo così importante, per capire questa anomalia tutta italiana. In tutti gli altri paesi del mondo considerati evoluti dal punto di vista della organizzazione democratica dello Stato, lo sviluppo dei sistemi elettorali è andato di pari passo con l’aumento delle possibilità di recepire e pubblicare informazioni da parte dei cittadini votanti.
Che senso avrebbe, altrimenti, esprimere un voto basato su dati manipolati, falsi, tendenziosi e parziali?
In effetti, le prossime elezioni costituiranno anche un banco di prova essenziale per tutti i cittadini italiani. Sapranno valutare e distinguere i dati reali, oggettivi, dalla cascata di informazioni false che sono state catapultate su tutti i media?
Se abbiamo una possibilità di liberarci da questa anomalia, che al di là delle diverse idee politiche quasi tutti i coscienziosi valutano come negativa, lo dobbiamo esclusivamente a due fattori: la crisi del nostro Paese, che ci vede far sempre più fatica in tutto, ed i nuovi mezzi di comunicazione.
I cittadini che lo vogliono, oggi possono sfruttare i nuovi mezzi per capire, avere una informazione alternativa a quella della televisione.
Oltre a questo, è chiaro che risulta difficile credere a chi dice che l’Italia è in ottime condizioni, mentre allo stesso tempo si è preoccupati di arrivare alla fine del mese e di essere assunti con un nuovo contratto a progetto ogni bimestre.
In ogni caso, l’anomalia della concentrazione su una sola mano di tanto potere mediatico deve terminare. Non si tratta, come si vuol far credere, di accanimento contro una sola persona, che a mio parere è giustificato anche dalla concentrazione di attenzione che richiama continuamente, ma di addivenire finalmente a qualche regola che tutti gli altri paesi democratici del mondo hanno già.
Un primo passo, importantissimo, è stato compiuto dalla Senatrice dei Verdi Tana de Zulueta, che ha saputo raccogliere l’invito di Sabina Guzzanti a riformare il sistema televisivo pubblico ed a produrre insieme ad un vastissimo insieme di personalità dello spettacolo e della cultura un disegno di legge di iniziativa popolare Per Un’altra TV (http://www.perunaltratv.it∞).
Questo testo è importante perché se firmato da almeno 50’000 persone rivoluzionerà in positivo la televisione pubblica, slegandola dal controllo dei partiti e rimettendola nelle mani di chi, con questo strumento, lavora, apprende e si informa.
L’obiettivo principale di questa proposta è quello di regolamentare la materia per assicurare il pluralismo, la libertà, l’obiettività, la correttezza e la imparzialità delle trasmissioni di reti pubbliche e private.
A Forlì è nato immediatamente un comitato per il sostegno di questo disegno di legge, di cui sono il referente, ed ogni Sabato pomeriggio viene fatto un banchetto in Piazza per spiegare di cosa si tratta e raccogliere le firme dei cittadini. Per informazioni su dove trovarci e quando potete venire a firmare, potete consultare questo indirizzo: https://alessandroronchi.net/perunaltratv∞
Questa iniziativa ha ottenuto il supporto di nomi molto importanti, come Marco Travaglio, il giornalista che causò l’allontanamento di Luttazzi dalla televisione pubblica, Giulietto Chiesa, Paolo Flores D’Arcais, Dario Fo, Margherita Hack, e tanti altri nomi di questo calibro.
Tutti insieme chiedono che si faccia un passo in avanti verso una informazione più libera, che non possa più rischiare di essere monopolizzata da poche persone che hanno tutte la stessa idea da diffondere. Un regime, oggi più di ieri, non si costituisce più con il bastone, ma con un continuo martellamento di dati tendenziosi e soggettivi.

Questo lavaggio del cervello ci sta facendo credere che la politica sia una cosa necessariamente sporca, da lasciare in mano ad altri.

Non permettiamoglielo più.

Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti (De André).

Il software è come una torta

Immaginate la vostra nonna, che riceve dalla vicina una ricetta. La mette in pratica, vede che il risultato non è quello sperato, aggiunge un ingrediente, cambia il tempo di cottura, ottenendo un’ottima torta. Una di quelle torte che rientreranno presto nel personale bagaglio di conoscenze che l’aiuterà ad avvicinare i nipoti, avidi di dolci.

Vedete nulla di strano in tutto ciò?

Ora immaginate uno scenario di questo tipo. La nonna ottiene una torta dalla vicina, che le fa firmare un contratto di non diffusione, non modifica, di utilizzo solo personale dello scambio appena avvenuto. Perplessa, la nonna firma, e prende un pezzo di torta: non è perfetta, sa bene che qualcosa nella cottura o negli ingredienti non è stato fatto con la dovuta cura. Ma non può nulla: senza ricetta, non riesce a partire da quella torta per migliorarla, e non la può nemmeno dare ai nipoti.

Il software libero nasce dallo stesso problema, riscontrato da un gruppo di informatici, che erano infastiditi dall’impossibilità di adattare i programmi alle proprie esigenze. In più, i dati digitali hanno un costo di replicazione molto basso, cosa che rende ancora più seccante il divieto di condivisione.
D’altra parte tutta la scienza, prima di incontrare il business e la privatizzazione della ricerca, era basata sulla condivisione delle conoscenze, che permetteva il vero progresso tecnologico.

L’idea di condividere le proprie scoperte ed i propri risultati, quindi, non era affatto nuova.

Così Richard Stallman, un programmatore del MIT, decise di iniziare un nuovo progetto che prevedeva lo sviluppo di tutto un sistema operativo (GNU), che è il programma di base dei computer (due esempi sono Linux e Windows). Per fare questo, però, serviva un modo per favorire e difendere la sua creatura dagli attacchi che avrebbe ricevuto dall’esterno: se avesse lasciato tutti liberi di fare qualsiasi cosa con il programma, qualcuno avrebbe potuto prenderlo e mettervi sopra un Copyright, impedendo la copia agli stessi autori originali. Per questo motivo inventò un Copyright tutto particolare, che per queste peculiarità volle chiamare, con un tipico gioco di parole, Copyleft.

Permessi di autore in opposizione ai diritti d’autore.

In pratica, la licenza d’uso che segue i programmi che si rientrano nel software libero, chiamata General Public License, permette a tutti di copiarli, modificarli e venderli a patto che ogni modifica segua la stessa licenza. Per fare in modo che questo avvenga in pratica è necessario che siano resi sempre disponibili i sorgenti del programma. Tornando all’esempio della torta, la ricetta “sorgente” deve essere sempre fornita quando si vende o si regala il dolce. Se qualcuno decide di modificare la ricetta e quindi il risultato, deve fornire ad ogni persona che riceve la torta, ottenuta con il metodo modificato, la nuova versione della ricetta. In questo modo funziona il software libero: milioni di persone nel mondo si scambiano programmi, scrivendone pezzi o modificandone parti, purché vengano mantenute queste libertà. Nessuno può impedirne la copia, perché gli autori stessi hanno deciso di dare il loro permesso e di ottenere in cambio la stessa possibilità di utilizzo delle modifiche. Così è nato Linux, per mano di Linus Torvalds, che iniziò il progetto, e per mano di tantissimi altri che contribuirono e contribuiscono ad aggiungere pezzi.
Ma con il software libero, non si annulla l’industria dell’informatica? No, come è vero che le pasticcerie sono sempre aperte. Inanzitutto non tutti hanno capacità e tempo di lavorare sui programmi, e la spesa per l’acquisizione dei sistemi informatici si sposta dalla vendita di copie (licenze) alla personalizzazione ed ai servizi di assistenza. Lo spazio è poco, ed il discorso è complesso ed interessante, sia dal punto di vista tecnico che filosofico, tanto che gli stessi discorsi stanno arrivando anche ad altri ambiti della cultura, dalla letteratura alle arti, passando per l’ingegneria e l’architettura. Se vorrete, continueremo il discorso spostandoci inizialmente su un’altro aspetto dei diritti d’autore: i brevetti.

Internet e le nuove tecnologie abbattono le distanze tra le persone, e le persone, a volte, decidono di utilizzare questo vantaggio per collaborare a qualcosa di buono. Sempre che riescano a rimanere liberi di farlo, senza che qualcuno impedisca loro di scambiarsi idee.

CNIPA: Convegno “Open source e brevettabilita’ del software”

Il Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione ha organizzato un convegno sull’Open Source e la brevettabilità del software.

08 ottobre 2004

Luogo evento: presso la Banca d’Italia – “Centro Donato Menichella” in Largo Guido Carli, 1- Frascati (RM)

Il software open source è un modello di sviluppo, diffusione e cooperazione nel campo dell’Information Tecnology. Basato sull’adozione di programmi a codice sorgente aperto, ovvero applicazioni informatiche il cui sorgente può essere liberamente studiato, copiato, modificato e ridistribuito, il modello open source ne facilita il riuso.
L’interesse rispetto al modello open source sta rapidamente crescendo, non solo perché ad esso si associa la disponibilità di prodotti software con prestazioni simili a quelle ottenibili con prodotti di mercato, ma anche consente di fatto una standardizzazione dei sistemi informatici. È in effetti un prodotto dalle caratteristiche del web, di internet, ove il concetto di libertà del navigatore è la base sulla quale poggia il successo universale della Rete.
In considerazione di tale realtà la recente direttiva del Ministro per l’innovazione e le tecnologie emanata in materia include i programmi a codice aperto tra le soluzioni a disposizione delle Pubbliche Amministrazioni e favorisce il riuso dei programmi informatici.

Scopo del convegno di studio è quello di:

* illustrare con obiettività la situazione attuale, facendo il punto sul fenomeno open source e le reali criticità;
* presentare concrete esperienze ed autorevoli opinioni;
* definire un modus operandi, comune alle PA, per l’analisi comparativa delle soluzioni.

Esperimento Ronchi

I post di questi giorni di Caravita, ..:digital||divide:.., Mantellini mi forniscono un assist perfetto.

In realtà volevo parlarne tra un paio di giorni, il tempo di sistemare meglio il tutto, ma colgo l’occasione al balzo.

Beppe Caravita si candida alle elezioni europee, e la notizia che un blogger, esperto di informatica e di software libero, si dedichi alla politica è stata accolta positivamente da coloro che ho sentito commentare sulla cosa.

Più o meno la sua esperienza è simile alla mia, a parte il fatto che la mia candidatura (sempre all’interno della federazione dei Verdi) sarà per le amministrative della mia circoscrizione, del mio Comune (Forlì) e della Provincia di Forlì-Cesena (Collegio Forlì 2).

Pur non volendo in nessun modo paragonare le due cose, voglio però fare due o tre commenti.

Per prima cosa, voglio dire che non mi stupisce che la comunità che sostiene le libertà di informazione e/o il software libero si affacci alla vita politica. Sempre dietro a lamentarci di chi ci governa, qualcuno del gruppo inizia a pensare che personalmente si possa cambiare qualcosa. Senza stravolgere il mondo, credo che cambiare qualcosa sia possibile, soprattutto se chi verrà eletto riuscirà a portare avanti dei progetti di informazione sulle decisioni politiche che sta portando avanti.
Senza arrivare al paragone con Dean, anche uno spazio web dove commentare cosa si decide, è un piccolo passo per arrivare ad una politica un po’ meno nascosta, un po’ meno ostica, di cui si inizi veramente a percepire un potere positivo (dove potere ovviamente non è inteso nel senso mafioso del termine).
Spero, anzi, che sempre più persone da questo mondo molto vario decidano di fare la stessa cosa: di tanti blog che leggo, molti autori mi paiono molto intelligenti e questo requisito di partenza è già una cosa non banale da ottenere, al giorno d’oggi.

Detto questo, arrivo anche ad una proposta concreta. Qualche giorno fa nella lista discussioni dell’associazione Assoli, un ragazzo del Bologna Free Software Forum ha postato un interessante messaggio, che contiene una bozza di proposta da presentare ai candidati delle elezioni europee riguardante la proprietà intellettuale.
Dato l’interesse che ha scaturito in me la proposta, ho risposto proponendo a mia volta di presentare un documento simile, anche per le elezioni amministrative, tenuto conto ovviamente delle differenze tra gli obbiettivi politici che le due cariche permettono. Per quanto riguarda le amministrazioni Comunali e provinciali, il documento di proposta dovrà secondo me contenere l’obbligo di utilizzare formati standard ed accessibili nelle comunicazioni tra PA e cittadini e nell’interscambio tra uffici diversi, e all’utilizzo, quando conveniente, del software libero.
L’idea ha ricevuto interesse nella lista discussioni e presto pubblicherò la prima bozza. Nell’archivio della mailing list discussioni@softwarelibero.it di Aprile, ordinato per thread, potete consultare tutto il discorso.

Caravita parlava di candidatura aperta, io prendo la palla al balzo e chiedo cosa ne pensate di mettere giù un programma aperto, anche su Wiki, da presentare in vista delle elezioni. I politici di una democrazia rappresentantiva, come dice il nome, devono rappresentare i cittadini che li scelgono tramite voto: perché non includere in questo processo anche la stesura del programma, partendo da una linea stesa della persona che si candida?

A questo punto, mi interesserebbe tantissimo che:
– Caravita commentasse e/o aiutasse nella stesura della proposta per le elezioni europee.
– Che le persone che hanno commentato la candidatura di Caravita, commentassero anche queste due iniziative, magari dandone visibilità oppure proponendo modifiche
– Che qualcuno si interessasse alla possibilità di mettere mano ad un programma per le elezioni amministrative, che si possa ovviamente riproporre anche in altri comuni / province.
– Che al termine della stesura di questi documenti, si facesse una lista dei candidati che si impegnano a portare avanti queste promesse, ovviamente tenendo traccia delle votazioni e dei risultati dell’eventuale mandato se verranno eletti.

Secondo me abbiamo una possibilità di cambiare qualcosa, partendo dal processo pre-elezioni, magari spingendo ad un cambiamento (seppur minimo) anche i politici che fino ad ora si sono disinteressati di questi problemi per rincorrere gli interessi di chi faceva pressioni, piuttosto che quelli dei cittadini che amministrano.

Se poi abitate dalle mie parti, o avete qualche parente residente nella terra della piadina, e condividete il mio progetto (che ovviamente pezzo per pezzo salterà fuori in un apposito spazio, prima delle elezioni di Giugno), potete fare ancora di più. Stay Tuned.

Proposta di programma per i candidati alle Elezioni Amministrative

Garanzia di Accessibilità verso i servizi pubblici

Le scienze dell’informazione stanno motivando sempre di più lo scambio di informazioni tra cittadini ed amministrazioni pubbliche. Con particolare attenzione a quelle comunali, ma estendendo possibilmente questi discorsi a tutto quello che riguarda le Pubbliche Amministrazioni, è essenziale che questo scambio di informazioni sia libero da ogni costrizione economica e slegato dagli interessi delle multinazionali del software.
I cittadini devono avere la facoltà di scegliere gli strumenti informatici che vogliono utilizzare per comunicare con le pubbliche amministrazioni, perché la scelta è un requisito primario necessario per rendere vivibile il libero mercato. Alla stregua della libertà di scegliere con quale modello e marca di automobile percorrere le strade pubbliche, anche le strade informatiche devono essere libere e percorribili per qualunque mezzo informatico adeguato allo scopo.

Questa libertà si può ottenere solamente rendendo pubblici i formati di interscambio dei dati, e rendendo gli strumenti di comunicazione coerenti con gli standard internazionali indicati dai consorzi indipendenti quali il World Wide Web Consortium (W3C) e l’Organization for the Advancement of Structured Information Standards (OASIS).

Questo è l’unico modo per garantire l’accessibilità delle informazioni a tutti, indipendentemente dal loro stato sociale, economico, culturale e fisico. Si deve ricordare, a tal proposito, che il mancato adempimento agli standard crea difficoltà se non impossibilità di accesso ad alcune categorie di cittadini, in particolare coloro i quali soffrono di disabilità fisiche ed hanno bisogno di strumenti di sintesi vocale dei testi o di strumenti appositi per la l’interazione con i calcolatori.

Le pubbliche amministrazioni devono rendere l’accesso agli sportelli elettronici ed alle informazioni pubbliche indiscriminato, come del resto dovrebbero fare per l’accesso agli sportelli fisici con l’abbattimento delle barriere architettoniche.

In questo ambito si ritiene necessario:

1. Vincolare gli appalti per la realizzazione di strumenti informatici che utilizzino uno scambio di dati alle proposte che tengano in considerazione l’utilizzo di formati di dati aperti e riconosciuti dagli organi internazionali indipendenti, richiedendo esplicitamente tra i requisiti l’accessibilità alle informazioni, slegata da software di specifici produttori.

2. Costruire un sistema di responsabilità dei fornitori dei servizi informativi attraverso sistemi informatici che permetta di vincolare il profitto proveniente da progetti finanziati attraverso fondi pubblici all’accessibilità dei dati, ed in caso di mancato adempimento dei fornitori ai requisiti di accessibilità richiesti dal bando ottenere un rimborso delle spese.

Valutazione dell’utilizzo del software libero nelle pubbliche amministrazioni

Come in tutti i settori di appalto, anche in quello degli strumenti informatici di sopporto alle Amministrazioni pubbliche si devono tenere in considerazione tutti i prodotti a disposizione nel mercato. In questo particolare settore le amministrazioni non godono della stessa esperienza pluriennale che negli altri, e troppo spesso le scelte degli strumenti da utilizzare non sono basate su indagini approfondite, ma piuttosto sul marchio che maggiormente copra le responsabilità di decisione.
Premesso che:
Ove sia vantaggioso, in termini di economicità, stabilità nel tempo, prestazioni e funzionalità, si ritiene necessario che le PA valutino l’utilizzo del software libero come strumento che permetta di slegarsi dalla dipendenza da un singolo produttore, problema che innalza enormemente i costi di gestione dei sistemi informatici pubblici.
Diversi comuni nel mondo ed in Italia stanno da tempo sperimentando l’utilizzo del software libero, per vantaggi in termini di risparmio economico ed indipendenza da un singolo produttore, e si ritiene necessario che questi strumenti vengano posti sul tavolo delle valutazioni in tutti i comuni e le province, visto il successo dei primi progetti andati in porto.

In questo ambito si ritiene necessario:

1. Riprodurre i progetti approvati e conclusi con successo nelle altre sedi amministrative italiane, quando anche nel proprio comune siano presenti requisiti di partenza e possibilità di mercato coerenti con quelli del progetto da riproporre. In questo contesto i propositori di questo programma si impegnano a portare avanti le leggi e le mozioni già approvate in altri comuni e province che siano riguardanti l’incentivazione e la promozione dell’utilizzo del software libero.

2. Valutare caso per caso se la richiesta nei bandi pubblici di software libero in contrapposizione al software proprietario possa essere vantaggiosa, e coerentemente seguire l’adozione della soluzione che più si avvicini ai criteri di successo che si intendono perseguire.

3. Promuovere le iniziative volte a migliorare la disponibilità di software libero nel mercato, vista la sua caratteristica di riproducibilità in realtà diverse, che favorisce la replicazione delle soluzioni già acquistate altrove. Favorire, in questo contesto, il dialogo con la società civile finalizzato all’analisi ed alla stesura di nuove iniziative che promuovano il software libero.

4. Favorire il riuso delle soluzioni a software libero già acquisite, tramite pubblicazione su internet dei codici sorgenti utilizzati nei progetti approvati, mediante la creazione di uno strumento di condivisione del software che permetta a pubbliche amministrazioni diverse di risparmiare sulla spesa.

5. Inserire nel programma dei corsi di riqualificazione informatica per i dipendenti delle amministrazioni anche l’impiego del sistema operativo GNU/Linux e di altri prodotti di software libero e ad indirizzare i dipendenti all’impiego di formati di salvataggio/interscambio leggibili da qualsiasi altro programma.

6. Attivarsi per mettere in atto politiche per diffondere maggiormente il software libero e open source nelle scuole in considerazione del valore didattico e culturale di tale tipo di software, e in generale presso tutti i cittadini.

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