persone

Esperimento Ronchi

I post di questi giorni di Caravita, ..:digital||divide:.., Mantellini mi forniscono un assist perfetto.

In realtà volevo parlarne tra un paio di giorni, il tempo di sistemare meglio il tutto, ma colgo l’occasione al balzo.

Beppe Caravita si candida alle elezioni europee, e la notizia che un blogger, esperto di informatica e di software libero, si dedichi alla politica è stata accolta positivamente da coloro che ho sentito commentare sulla cosa.

Più o meno la sua esperienza è simile alla mia, a parte il fatto che la mia candidatura (sempre all’interno della federazione dei Verdi) sarà per le amministrative della mia circoscrizione, del mio Comune (Forlì) e della Provincia di Forlì-Cesena (Collegio Forlì 2).

Pur non volendo in nessun modo paragonare le due cose, voglio però fare due o tre commenti.

Per prima cosa, voglio dire che non mi stupisce che la comunità che sostiene le libertà di informazione e/o il software libero si affacci alla vita politica. Sempre dietro a lamentarci di chi ci governa, qualcuno del gruppo inizia a pensare che personalmente si possa cambiare qualcosa. Senza stravolgere il mondo, credo che cambiare qualcosa sia possibile, soprattutto se chi verrà eletto riuscirà a portare avanti dei progetti di informazione sulle decisioni politiche che sta portando avanti.
Senza arrivare al paragone con Dean, anche uno spazio web dove commentare cosa si decide, è un piccolo passo per arrivare ad una politica un po’ meno nascosta, un po’ meno ostica, di cui si inizi veramente a percepire un potere positivo (dove potere ovviamente non è inteso nel senso mafioso del termine).
Spero, anzi, che sempre più persone da questo mondo molto vario decidano di fare la stessa cosa: di tanti blog che leggo, molti autori mi paiono molto intelligenti e questo requisito di partenza è già una cosa non banale da ottenere, al giorno d’oggi.

Detto questo, arrivo anche ad una proposta concreta. Qualche giorno fa nella lista discussioni dell’associazione Assoli, un ragazzo del Bologna Free Software Forum ha postato un interessante messaggio, che contiene una bozza di proposta da presentare ai candidati delle elezioni europee riguardante la proprietà intellettuale.
Dato l’interesse che ha scaturito in me la proposta, ho risposto proponendo a mia volta di presentare un documento simile, anche per le elezioni amministrative, tenuto conto ovviamente delle differenze tra gli obbiettivi politici che le due cariche permettono. Per quanto riguarda le amministrazioni Comunali e provinciali, il documento di proposta dovrà secondo me contenere l’obbligo di utilizzare formati standard ed accessibili nelle comunicazioni tra PA e cittadini e nell’interscambio tra uffici diversi, e all’utilizzo, quando conveniente, del software libero.
L’idea ha ricevuto interesse nella lista discussioni e presto pubblicherò la prima bozza. Nell’archivio della mailing list discussioni@softwarelibero.it di Aprile, ordinato per thread, potete consultare tutto il discorso.

Caravita parlava di candidatura aperta, io prendo la palla al balzo e chiedo cosa ne pensate di mettere giù un programma aperto, anche su Wiki, da presentare in vista delle elezioni. I politici di una democrazia rappresentantiva, come dice il nome, devono rappresentare i cittadini che li scelgono tramite voto: perché non includere in questo processo anche la stesura del programma, partendo da una linea stesa della persona che si candida?

A questo punto, mi interesserebbe tantissimo che:
– Caravita commentasse e/o aiutasse nella stesura della proposta per le elezioni europee.
– Che le persone che hanno commentato la candidatura di Caravita, commentassero anche queste due iniziative, magari dandone visibilità oppure proponendo modifiche
– Che qualcuno si interessasse alla possibilità di mettere mano ad un programma per le elezioni amministrative, che si possa ovviamente riproporre anche in altri comuni / province.
– Che al termine della stesura di questi documenti, si facesse una lista dei candidati che si impegnano a portare avanti queste promesse, ovviamente tenendo traccia delle votazioni e dei risultati dell’eventuale mandato se verranno eletti.

Secondo me abbiamo una possibilità di cambiare qualcosa, partendo dal processo pre-elezioni, magari spingendo ad un cambiamento (seppur minimo) anche i politici che fino ad ora si sono disinteressati di questi problemi per rincorrere gli interessi di chi faceva pressioni, piuttosto che quelli dei cittadini che amministrano.

Se poi abitate dalle mie parti, o avete qualche parente residente nella terra della piadina, e condividete il mio progetto (che ovviamente pezzo per pezzo salterà fuori in un apposito spazio, prima delle elezioni di Giugno), potete fare ancora di più. Stay Tuned.

Le auto più economiche

Riprendo il discorso iniziato mesi fa, quando parlavamo di come scegliere un’auto in base al costo che portano negli anni.
E’ inutile girarci intorno, spesso l’auto si sceglie in base a queste due caratteristiche:
– estetica
– costo iniziale

Invece è consigliabile guardare anche al costo per percorrenza chilometrica: se usiamo un auto per 10000 kilometri l’anno, le scelte saranno diverse da quelle di un rappresentante che di km ne fa 100’000.
Per questo motivo potrebbe essere vantaggioso scegliere una automobile che consumi poco ed abbia anche costi bassi di manutenzione.
Auto Ecologiche
In aiuto viene quattroruote, ma immagino esistano anche altri siti che offrono le stesse informazioni.

Come abbiamo già detto
, questo portale offre una classifica delle auto ordinate per consumi.

Oltre a questo, consiglio di guardare il costo chilometrico, che trovate nella scheda dell’auto, sotto la sezione “Prezzi e costi”. Questi contengono le spese di riparazione, il bollo, e tutte le spese che concorrono alla creazione del prezzo finale pagato per il servizio “auto”.

Quelli della Toyota Yaris 1.4 tdi D-4D 3p, ad esempio, sono questi:
Per una percorrenza di 45.000 km in tre anni 0,32 euro
Per una percorrenza di 90.000 km in tre anni 0,21 euro

Mentre di un’Audi A2 1.2 TDI sono:

Per una percorrenza di 45.000 km in tre anni 0,45 euro
Per una percorrenza di 90.000 km in tre anni 0,28 euro

E di una Punto 1.2 3p. Actual (benzina):
Per una percorrenza di 45.000 km in tre anni 0,30 euro
Per una percorrenza di 90.000 km in tre anni 0,21 euro

Questo per dire che nei primi 3 anni non c’è molta differenza di risparmio tra una piccola utilitaria a benzina ed una piccola utilitaria Diesel. Sebbene queste ultime consumino meno, hanno un costo iniziale più alto, che non sempre viene riguadagnato con un risparmio successivo all’acquisto.

Detto questo, credo che sia importante scegliere secondo coscienza, pensando ad un’uso dell’auto che superi i 3 anni. Se di fatto è utile guardare a questa spesa, non possiamo dimenticarci di considerare che molto probabilmente (ce lo auguriamo) la nostra auto rimarrà in casa per più di 3 anni, e che il maggior costo d’acquisto potrebbe valere il gioco una volta considerate le spese di molti più chilometri.

Oltre a questo, invito a considerare anche la politica della casa produttrice: alcune di queste, infatti, stanno cercando di fare innovazione e creare auto sempre meno inquinanti, oppure alternative al motore a benzina.
La Toyota, per esempio, è l’unica ad avere in commercio un modello con due motori: uno elettrico ed uno a scoppio. Se non possiamo permetterci i soldi per la Prius (2), possiamo scegliere di acquistare una Toyota per incentivare la ricerca verso questa strada. Farfalla

Anche la Fiat promuove, anche se un pò più di nascosto, iniziative ecologiche: Producendo auto a Metano, si ridurrebbe l’inquinamento da subito, senza aspettare l’arrivo dell’idrogeno.
Inoltre il metano riduce il costo per 100 chilometri di una Punto da 8 euro a 3.
I nostri pieni di serbatoio in questo modo non svuoterebbero completamente le nostre tasche.

Se molte più persone mandassero segnali di questo tipo, costringeremmo le case produttrici a muoversi verso queste direzioni, perché il nostro acquisto è come un voto dato alla politica aziendale di chi ci vende il prodotto.

L’economia del nobile sentiero: ripensare alla globalizzazione/1

Lo scorso fine settimana si è tenuto a Rimini un ricco appuntamento di wokshop sul tema di un economia in grado di rispondere meglio alla globalizzazione e ai suoi molteplici effetti.
Economisti, scienziati, politologi si sono confrontati su questo tema, dando luogo a dibattiti, anche accesi, molto stimolanti e coinvolgenti.

Il primo workshop della mattina del 18 ha visto un confronto all’arma bianca tra Jean Ziegler e Dominick Salvatore, il primo (autore de “La privatizzazione del mondo”) molto critico, il secondo estremamente ottimista sugli effetti benefici della globalizzazione per i paesi poveri.

Ziegler, fresco fresco dalla presentazione del Rapporto ONU sulla fame nel mondo, ha introdotto il tema spiegando dove nasce la “mondializzazione” fino a poi snocciolare una serie impressionante di dati ufficiali a dimostrazione del fallimento dell’attuale modello di sviluppo.
I 225 patrimoni privati maggiori del mondo controllavano nel 2002 1200 miliardi di dollari, ovvero l’equivalente del 43,8% della popolazione mondiale (circa 2,6 miliardi di persone).
Le 200 maggiori società globali sempre nel 2002 possedevano il 23,8% delle ricchezze del pianeta.
Ziegler ha sfatato indirettamente il falso mito che gli OGM servirebbero anche a sfamare il pianeta. Palesemente falso perché, dati ONU 2003, con l’attuale produzione alimentare si potrebbe garantire la razione minima giornaliere di 2700 Kcalorie a 12 miliardi di persone.

Salvatore, economista italiano da più di 40 anni residente negli USA, ha fatto affermazioni condivisibili nell’analisi ma non nelle soluzioni. È certamente vero che la globalizzazione è efficienza e non si può arrestare, frutto dello sviluppo delle telecomunicazioni e dei trasporti e che si sviluppi su tre livelli principali: quella dei gusti (Gillette con il Mach3 ha fatto lo stesso spot in tutto il mondo con più di un miliardo di profitti annui; Ford produce la Mondeo, uguale su tutti i mercati dove viene venduta per il 95% dei componenti), quella della produzione e quella del mercato del lavoro. Secondo Salvatore, da dati della Banca Mondiale si evincerebbe che i paesi che si sono aperti alla globalizzazione sono quelli che, rispetto agli altri, hanno più beneficiato di questo processo.

Ziegler e gli altri relatori hanno duramente contestato questi dati e il mondo in cui sono stati aggregati, smentendo questa aura buona e positivista dell’economia globalizzata come anche di chi crede che l’economia (la mano invisibile) sia governata da leggi naturali.
Ziegler, il più lucido ed appassionato dei presenti, ha raccontato al termine un paio di aneddoti a dimostrazione delle sue tesi.
Riguardo ai rapporti della famiglia Bin Laden col potere economico e politico occidentale, Ziegler racconta che Isam Bin Laden, invitato prima dell’11 settembre 2001 alla presentazione a Ginevra dei risultati del Fondo d’investimento USA Carlyle (che investe in tecnologie militari), ad aprile 2002 si vede rifiutare l’ingresso nell’Hotel dove si svolge la presentazione.
L’altro aneddoto riguarda una conversazione di Ziegler con un banchiere svizzero tra i più intelligenti e aperti. Di fronte alla richiesta di Ziegler di aprire i conti dei terroristi per bloccare i fondi dei traffici illeciti, il banchiere risponde con tutta l’innocenza del caso “non posso intervenire nei flussi di capitali” come se questo fosse una violazione di una legge naturale incontrovertibile.

Altri relatori hanno dato un prezioso contributo ma per mancanza di tempo non riporto i loro interventi. Il Centro Pio Manzu realizzerà comunque una raccolta degli atti.

L’agricoltura al Vertice

I negoziati portano a galla la questione del doppio standard: i paesi del Nord, Usa in testa,si dichiarano liberisti ma sovvenzionano i propri agricoltori. E per di più quelli del Sud devono fare i conti anche con l’invasione del transgenico
Il diario di Legambiente

da Cancùn
Emanuele Profumi

Dopo la morte del sindacalista sudcoreano Il movimento ha ripreso le attività assembleari con il segno del lutto al braccio. Tutti si chiedono se dopo le dichiarazioni del G21 (l’unione dei paesi poveri che ha rifiutato le proposte di Usa e Ue), i negoziati sull’agricoltura siano a un punto morto. Ieri mattina
Cancun, il corteo
alla fine della conferenza stampa dei G9 – gruppo formato da alcuni paesi del Nord del mondo (come Israele e Svizzera) e da alcuni paesi poveri (come la Bulgaria) – Joseph Deiss, delegato del governo svizzero e coordinatore del gruppo, ci spiega: «La maggiore differenza tra noi e il gruppo del G21 riguarda le questioni delle riduzioni tariffarie e dell’accesso al mercato. Per noi, per esempio, nelle trattative è centrale la questione degli standard ambientali. Tuttavia siamo completamente d’accordo sulla loro posizione in merito alla liberalizzazione delle esportazioni: i governi non devono sovvenzionarle con i sussidi». Confermando così le divisioni profonde tra i 146 paesi che partecipano al Wto rispetto alle regole per il governo mondiale del mercato agricolo.

A fine mattinata invece, alcuni paesi africani (Benin, Burkina Faso, Ciad e Mali) hanno tenuto una conferenza stampa sul problema specifico del cotone: le loro economie, fortemente sostenute da quest’attività, sono in crisi a causa delle sovvenzioni del governo Usa alle proprie piantagioni, che ammontano a una cifra pari al Pil di tutti i paesi africani produttori di cotone. Oltre 10 milioni di persone che in Africa occidentale dipendono dalla questa coltivazione pagano le conseguenze di questa situazione. David Casablanca, portavoce spagnolo di Oxfam, l’associazione di Ong impegnata nel chiedere un cambiamento delle politiche e delle relazioni internazionali nel segno dell’equità, ritiene che «quello che accade tra gli Usa e le quattro nazioni africane è il termometro di quello che potrà avvenire più in generale nei negoziati agricoli». Per adesso i paesi africani e la Oxfam stanno esercitando la propria pressione sulla presidenza del Wto affinché convinca gli Usa a ridurre o eliminare le proprie sovvenzioni. Ma la superpotenza fa orecchie da mercante e nella conferenza stampa pomeridiana non lancia alcun segnale di apertura.

Ma proprio in quella sede un gruppo di attivisti di Greenpeace ha interrotto la conferenza leggendo un documento che confermava l’entrata in vigore del protocollo di Cartagena sulla “biosafety”, la biosicurezza, che impedisce ai paesi che la sottoscrivono esportare prodotti transgenici. Il blitz, concluso con un pugno di mais messicano “ogm free” lanciato sul tavolo della conferenza, è servito anche a denunciare la “biopirateria” della multinazionale del biotech Monsanto, che impone la vendita di mais modificato al Messico. Sul tema degli organismi geneticamente manipolati ai negoziati di Cancun si sta fra l’altro consumando una nuova puntata dello scontro Usa-Unione Europea. Gli Sati uniti infatti hanno denunciato lŽUe al Wto perché la scelta di Bruxelles di applicare il principio di precauzione impedisce di fatto la vendita di prodotti Usa.

Clima. Associazioni: Russia ratifichi subito Kyoto

“La Russia non puo’ tenere il mondo col fiato sospeso, e deve mantenere la parola data sulla ratifica del Protocollo di Kyoto, l’unico trattato internazionale volto a rallentare i mutamenti climatici limitando l’inquinamento che provoca il riscaldamento globale”. Ad incalzare il paese guidato da Vladimir Putin nel combattere l’effetto serra e’ il WWF che, per ribadire tale richiesta, ieri ha partecipato con amici della terra e legambiente a un sit-in sotto il consolato russo a Milano, citta’ simbolo perche’ proprio li’ a dicembre si terra’ la nona conferenza delle parti della Convenzione sul clima. Riunione che, fanno notare gli ambientalisti, a causa della mancata ratifica russa non potra’ costituire anche il primo incontro delle parti al Protocollo di Kyoto. Il Protocollo di Kyoto, ricorda infatti il WWF, “diventera’ legge internazionale solo se la Russia lo ratifichera’”. Dopo gli appelli dei leader mondiali, degli ambienti industriali russi, degli ecologisti e dell’opinione pubblica, dopo gli impegni del presidente russo Vladimir Putin, “la ratifica del Protocollo di Kyoto deve arrivare alla duma, il parlamento russo”. Puntualizza Gianfranco Bologna, segretario aggiunto del WWF: “il mondo aspetta. 117 paesi hanno gia’ ratificato il Protocollo di Kyoto, un processo burocratico lentissimo non puo’ mandare all’aria gli sforzi di centinaia di governi, migliaia di aziende e milioni di persone”. “Dopo questa estate terribile che ha mostrato al mondo, Russia inclusa, solo un piccolo anticipo dei drammatici effetti dei mutamenti climatici- sostiene il WWF che insieme alle altre associazioni partecipa a un sit-in davanti al consolato russo di Milano- non si puo’ piu’ attendere o, peggio, seguire i consigli interessati di chi si nasconde strumentalmente dietro il dibattito scientifico per non far nulla da subito e trovarsi a gestire problemi ben piu’ drammatici e irreversibili in futuro”. Peraltro, ci tiene a sottolineare Bologna, “gli scienziati e gli organismi piu’ autorevoli del mondo sono tutti preoccupati e decisi nell’indicare le responsabilita’ umane dell’aumento dell’effetto serra e quindi dei mutamenti climatici”. Il protocollo, ne e’ convinto il WWF, e’ “solo il primo passo verso il taglio delle emissioni inquinanti, innanzi tutto di quelle di anidride carbonica, che dovra’ essere del 60-80% per essere efficace”. Ma “se non si riesce nemmeno a compiere un passetto, che portera’ alla russia molti vantaggi economici- insiste Bologna- il grande passo rischia di arrivare quando la temperatura si sara’ gia’ innalzata troppo, e sara’ difficile mitigare e rallentare i mutamenti climatici”. Per sottolineare l’importanza del via libera della Russia, il WWF ricorda lo stato delle ratifiche: “il Protocollo di Kyoto e’ stato completato due anni fa e rappresenta il primo passo per combattere il riscaldamento globale. 117 paesi hanno gia’ ratificato il protocollo, molti di piu’ dei 55 che erano necessari. Perche’ il trattato entri in vigore, pero’- si puntualizza- i paesi che lo ratificano devono rappresentare almeno il 55% delle emissioni di anidride carbonica (il gas maggiormente responsabile dell’aumento dell’effetto serra) dei paesi industrializzati”.
Sintetizza l’associazione: “dal momento che usa e australia hanno dichiarato che non intendono ratificare il protocollo, la Russia e’ oggi il paese chiave”.

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